Barrea è un piccolo comune abruzzese di circa 700 abitanti della provincia dell’Aquila. Situato nel parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, è una famosa località turistica grazie alla presenza dell’omonimo lago.
Poco prima della vecchia porta di accesso al centro storico c’è un bar, il bar centrale di Onorina Campana, quello che comunemente si direbbe un locale anonimo, nonostante stia lì da molti anni: insegna impersonale, allestimento ordinario, la consueta offerta fra produzione locale tradizionale e grande distribuzione.
Un bar come un altro.
Se poi però si ha l’arguzia di non consumare in fretta al bancone e ci si spinge invece nella saletta posteriore, quella ordinarietà d’emblée svanisce.
Si dissolve per questo:
Questo è il panorama che offre il “balcone più piccolo dell’Appennino abruzzese”, terrazzino di quel bar anonimo di Barrea che contiene, al massimo, un minuto tavolino e una sedia, eccezionalmente (e forzatamente) due.
Come diceva il grande fotografo Robert Capa, “le immagini sono lì e tu le prendi semplicemente”, e l’Appennino, con la sua notoria genuinità, è sempre stato qui ad offrirsi ad occhi e sguardi che ne hanno saputo cogliere la grande forza espressiva.
Poi succede che certi sguardi siano quelli di illustri artisti-viaggiatori.
Edward Lear è stato un pittore e scrittore inglese vissuto nell’ottocento, famoso soprattutto per il suo viaggio in Calabria, avvenuto nell’estate del 1847 insieme ad un amico a cavallo d’un asino, di cui ci rimane un resoconto nel suo “Journals of a landscape painter in Southern Calabria” (Diario di un viaggio a piedi) pubblicato nel 1852 a Londra.
Di quel viaggio a piedi, il Sentiero dell’inglese oggi ne ricalca le orme con un cammino itinerante attraverso il cuore grecanico del parco dell’Aspromonte.
Fa il 1843 e il 1844 Edward Lear visitò borghi e paesi d’Abruzzo, che poi disegnò, e che come lui stesso disse, “per un paesaggista, le province di Chieti e Teramo sono meno interessanti di quella dell’Aquila, il cui aspetto, benché a volte squallido e selvaggio, è davvero maestoso; le sue città vantano maggiori attrattive sia dal punto di vista pittorico che da quello storico e, lo ammetto, le mie preferenze vanno egualmente per i suoi abitanti.”
E ancora:
Si possono ancora aggiungere un paio di considerazioni sulle provincie degli Abruzzi. Le grandi vallate nel cuore degli Appennini sono soggette a scosse di terremoto, e ciò accade spesso, fatalmente; la gentilezza, semplicità e ospitalità degli abitanti è divenuta proverbiale tra gli italiani e gli stranieri.
Hilde Lotz-Bauer nasce a Monaco di Baviera il 31 marzo del 1907. Studi di storia dell’arte e successivamente la fotografia la spingono a conoscere da vicino l’Italia.
A metà degli anni ’30 arriva a Scanno, iniziando a documentare la vita nel piccolo paese fino a diventarne testimone celebre in quanto considerata “la prima donna che scattò a Scanno”. La maggior parte dei soggetti di Hilde sono donne, immortalate nella fierezza della propria identità, nella bellezza delle antiche tradizioni e con quella elegante autenticità della loro silenziosa operosità: donne sedute fuori la porta di casa a rammendare logori tessuti, donne che portano in testa ceste di panni da lavare, donne che vendono in strada lumache o ceci, donne che novelle equilibriste portano in testa tavole con decine di forme di pani.
La femminilità ritratta da Hilde Lotz-Bauer e la sua Scanno sono ricordate dalla scrittrice abruzzese Donatella Di Pietrantonio nel suo ultimo lavoro, Borgo Sud.
Maurits Cornelis Escher è stato un incisore e grafico olandese celebre in tutto il mondo che nel 1936, durante un suo viaggio in Spagna all’Alhambra, ha la sua illuminazione: scopre dagli arabi la decorazione delle superfici con forme geometriche che possono poi replicarsi all’infinito. Prima di allora e di quello che divenne poi il suo marchio di fabbrica – i suoi disegni che univano la geometria descrittiva alle leggi matematiche – Escher viaggiò tre volte in Abruzzo fra il 1928 e il ’35.
Nella suggestiva statale 479 Sannitica che da Scanno attraversa le Gole del Sagittario, a circa 5 km dal paese di Anversa degli Abruzzi, una stretta strada in salita sul versante orientale della montagna porta al borgo di Castrovalva.
Più o meno 50 abitanti, abbarbicato a 820 mt s.l.m. sulla cresta del Colle San Michele, Castrovalva deve la sua notorietà anche ad una curva, l’ultima che si sale prima dell’ingresso in paese: il famoso tornante Escher o più comunemente indicato “girone Escher”. Esattamente da questo punto, dove è stata poi messa una targa commemorativa, è possibile osservare Castrovalva dalla stessa prospettiva ritratta nella famosa litografia.
Henri Cartier-Bresson è stato un fotografo francese, pioniere del fotogiornalismo, venne soprannominato “l’occhio del secolo” per la sua capacità di cogliere, con la sua arte, la quintessenza di un intero secolo.
E Cartier-Bresson viaggia e negli anni 50 è in Abruzzo “con l’animo teso… ansioso di catturare con una sola immagine l’essenziale”.
Mario Giacomelli
Scanno, Scanno e ancora Scanno: il paese dei fotografi.
“Di cose accadute ieri non ricordo nulla. Di Scanno ricordo tutto. Ho avuto con la gente di Scanno rapporti molto brevi ma per me molto lunghi. Ho parlato spesso con la donna che mi preparava il pasto. Il vero rapporto umano non è stato quello temporale con la gente, perché la gente la sentivi anche dentro le tasche, nel senso che la sentivi amica.
Per strada nessuno mi salutava ma per me era come se tutti mi salutassero. Forse qualcuno mi guardava con diffidenza, ma alla fine mi si avvicinava e mi chiedeva “Jamme ritrattame”.
“A Scanno ci sono ritornato, ma la seconda volta nevicava e sono tornato indietro.
Il lavoro valido l’ho fatto una volta sola; nell’altra non mi sono neanche appoggiato al muro (…) così, un attimo.
La prima volta ci sono stato un sabato e una domenica. È sempre stato così per tutti i luoghi (…): tutto quello che ho fatto l’ho fatto in due giorni;
Invece Henri Cartier-Bresson c’è stato un mese!”
Sono andato a Scanno (…) con il mio amico Renzo Tortelli, abbiamo preso la Cinquecento e viaggiato tutta la notte. Il sabato mattina, quando a Scanno le persone ritornavano a casa con le fascine di legno sulla testa, io ero lì ad aspettarli per fotografare.
Ho preso il sabato, giorno lavorativo, e il giorno di festa.
Di Scanno è bello il ricordo di quando sono arrivato: mentre il mio amico guidava la Cinquecento, quelle piccoline, quelle di
una volta, cominciarono a comparire mucche e donne vestite di nero.
Come ho visto questa scena ho aperto lo sportello e zac, ho iniziato a scattare!
La macchina però era in corsa e il ginocchio mi si è tutto rovinato (…).
C’è una foto (…) dove Renzo sta ancora parcheggiando e io già avevo fatto le fotografie, tu pensa!
Ero proprio preso da quella voglia!”
Mario Giacomelli. La mia vita intera
Pino Mazzulli
NOTA:
Le immagini a corredo dell’articolo sono state reperite in rete e utilizzate al solo scopo informativo senza alcun fine di lucro. Qualora si incorresse in una violazione del diritto d’autore il blog provvederà a rimuovere il contenuto immediatamente dopo la segnalazione.