A conti fatti sto facendo quello che più mi piace. Vado in montagna, vivo in montagna, sull’Appennino. C’è voluto tantissimo tempo per capire cosa preferivo fare della mia vita, anche se aspirazioni e sogni nel cassetto li ho lasciati tempo fa per via delle condizioni economiche in cui versava la mia famiglia. Mio padre era un pastore, morì quando avevo solo pochi anni, e ultimo di cinque figli ho da subito cominciato a lavorare.
Oggi con serenità accetto e vedo questo orizzonte sul quale ho riaperto gli occhi come il luogo dove sentirmi riappacificato, anche se non è stato facile. Ero destinato a fare quello che avevano fatto mio padre, mio nonno, il mio bisnonno e cosi a ritroso: il pastore. Non mi è stato possibile per disgrazia familiare e contingenza storica: sono nato e cresciuto nel boom economico, circondato dall’apoteosi del progresso, ma divino sarcasmo mi sono salvato la vita portando le persone nei luoghi dove la trama della mia famiglia si è spiegata.
“Una vita misteriosa, benedetta si svela con lentezza”. “Io credo che la fortuna dell’Appennino stia ora nell’essere a lato, più vi si accomoda e meglio è. Se c’è salvezza sta nell’ombra e ci si salva per qualcosa che in questo momento non si sa cosa sia né se avverrà. Si tratta di salvaguardare, conservare, difendere attitudini, comportamenti e saperi che al momento non hanno ragion d’essere, sono fuori tempo e fuori luogo”, recita Giovanni Lindo Ferretti in “L’Italia profonda” scritto con Franco Arminio.
Siamo se non il primo, il secondo Parco d‘Italia, abbiamo guadagnato un riconoscimento UNESCO senza sapere bene cosa significhi e cosa comporti. Un riconoscimento che comunque ha a che fare con la biosfera e di questi tempi in cui il mondo si riempie di plastica, si potrebbe tramutare in grandi opportunità.
Addetti ai lavori, guardiaparco, titolati esperti in “orsologia e conservazione della natura” per ora si prendono migliaia di like e emoticon di congratulazioni sui social.
Sotto tutti questi veli, e il primo è una coperta fatta di modernità incivile, restano tracce arcaiche. Di contadini e di pastori, principesse del formaggio e della lana, dell’orso, del lupo, del toro e delle aquile, delle antiche tribù italiche. Più che gli italiani sull’Appennino ci sono ancora i Marsi, i Sanniti, gli Irpini… Forse sull’Appennino più che altrove si trovano tracce degli antichi popoli Italici.
Sto cercando di scavare nel mio passato per trovare una collocazione nel presente. Per poter raccontare la storia di questi luoghi a chi per una mezza giornata vuole venire a camminare con me. Per ora non sono un esperto di queste cose, forse mai lo sarò. A me piace raccontare di questi luoghi, e camminarci sopra con rispetto. Produco sensazioni che mi vengono da un luogo e da un tempo lontano, lontano dai clacson del traffico delle città.