Fuochi nella notte di San Giovanni
(riti e culti pastorali)
(riti e culti pastorali)
L’Abruzzo, terra di incomparabile bellezza, per secoli ha impostato la sua economia su un sistema fondato sulle pratiche Agro-Silvo-Pastorali.
L’umanità che lo ha abitato ha celebrato il suo sentimento religioso attraverso i secoli celebrando riti in un vortice millenario: dalle cerimonie ancestrali ai culti pagani, fino ai riti legati alla religione cattolica, che hanno finito con l’inglobare i retaggi di epoche antiche.
Si tratta di feste “mangerecce” e clericali allo stesso tempo, frutto di una tradizione che si perde nella notte dei tempi, immune all’inquinamento culturale tipico della società moderna.
In Abruzzo, come in molte altre parti del mondo, la data del 24 giugno è dedicata al rituale della festa di S. Giovanni, nato esattamente sei mesi prima del cugino Gesù.
Una festività che arriva in prossimità del solstizio d’estate, centrale sia nel mondo pagano che in quello cristiano.
Sul fronte naturalistico, nel periodo vicino alla notte di San Giovanni, nelle zone di montagna è facile imbattersi nell’iperico perforatum, anche detta erba di San Giovanni. Ma la notte di San Giovanni è però soprattutto il momento in cui gli abruzzesi approfittano per celebrare il rito della ‘comparanza’. Diventare compare la notte di San Giovanni significa costruire un legame indissolubile. Per gli abruzzesi il ‘compare’ è colui che ti accompagna nell’aldilà.
Un legame che si stabilisce pensandoci due volte, ma che si rompe pensandoci molte di più. Come dicono gli abruzzesi: “Dio perdona, San Giovanni no”.
L’Abruzzo è infatti la terra dove riti e tradizioni sono ispirati non solo dalla religione ma anche dalla natura stessa. Ne è un esempio la secolare pratica della transumanza, che fino ai primi anni del XlX secolo ha caratterizzato l’Appennino centrale, creando una distinzione tra i pastori nomadi e gli agricoltori stanziali. Tra questi uomini è sempre esistito un rapporto di reciproca utilità, a cominciare dallo scambio di prodotti necessari alla sopravvivenza di entrambi.
Usanze che rivivono oggi grazie al ripetersi di alcuni pellegrinaggi, di riti appartenenti ad alcune feste tradizionali come quelle della tarda primavera, periodo prossimo ai raccolti che coincide con il ritorno dei pastori dopo l’inverno passato in Puglia. O come in autunno, alla vigilia della semina, periodo corrispondente alla partenza dei pastori per il Tavoliere.
Periodi della vita di un tempo che, come il movimento delle onde del mare, si ripetono all’infinito.
WhatsApp Chat