“Siamo ospiti di un pianeta dove il 97,3% dell’intera biomassa è vegetale. Il restante inferiore al 3% è da suddividersi in insetti, uccelli e mammiferi. La specie umana con i suoi 7 miliardi di esemplari rappresenta soltanto lo 0,01% dell’intera biomassa. Per un alieno che osservasse il pianeta saremmo apparentemente irrilevanti”.
Comincia così uno degli articoli scientifici più belli che ho letto negli ultimi anni. Non mi era molto chiaro all’inizio, come di certo non lo è per i miei simili che non hanno una preparazione botanica, ma questo dato deve far riflettere ognuno di noi: gli esseri umani sono una specie relativamente giovane, ancora molto indietro nella lotta per la sopravvivenza e nell’adattamento sul pianeta terra. Abbiamo confuso il benessere con le strategie per conservarsi e oggi più che mai ne stiamo pagando le conseguenze.
“I batteri possono vivere poche ore. La pulce d’acqua vive in media una settimana. Un cavallo nel migliore dei casi può arrivare a 30 anni. La vita media degli esseri umani si aggira attorno agli 80 anni. Le tartarughe giganti delle Galapagos possono superare il secolo. Esistono specie vegetali come per esempio il Pinus longeva che possono arrivare ai 4700 anni di vita”.
E cosi i miei occhi scorrevano l’articolo, che costringeva a ragionare su numeri apparentemente ovvi, ma che nella realtà vengono sottovalutati. Nella nostra vita di ovvio c’è ben poco, se non il fatto di esserci noi stessi messi, senza nessun diritto, al vertice della catena evolutiva.
“Non so quanto sia chiaro ai lettori tutto ciò: ma il conto è presto fatto, la vita animale dipende da quella vegetale. Le piante sono il tramite fra l’energia del sole e la terra. Sono i vegetali che, grazie alla fotosintesi, riescono nell’apparentemente miracoloso risultato di trasformare l’energia luminosa nell’energia chimica (zuccheri) che permette agli animali di vivere e moltiplicarsi). Riuscite a immaginare un regalo più grande? Dai vegetali proviene ogni nostro alimento, l’energia cosiddetta fossile, la maggioranza dei principi attivi delle medicine, le fibre tessili, i materiali da costruzione più usati…”
(Stefano Mancuso) tratto dal libro “BOTANICA”
Purtroppo la maggioranza delle persone (parlo dei miei clienti, per l’esperienza diretta che ho fatto con le mie passeggiate in montagna) tendono a considerare le piante come muti, immobili arredi delle nostre belle escursioni, e cercano sempre qualcosa che possa muoversi tra le loro fronde. Per rendere le passeggiate degne di essere annoverate tra i ricordi più belli, devono portare a casa il ricordo di qualcosa di inaspettato che sfugge veloce alla vista.
E nella mia mente ogni volta risuona la frase di quel pezzo degli Arcade Fire (“We don’t deserve Love”) nel quale la voce recita: “non riesco a vedere il bosco per via degli alberi”. In un bosco ci sono più informazioni utili per il progresso dell’umanità che in milioni di biblioteche! Oggi ci si è accorti di questo patrimonio, e si notano piccoli segnali. Basti pensare al riconoscimento da parte dell’UNESCO nel 2017 dei cinque siti di Foreste Vetuste all’interno del PNALM.
Questi nuclei vegetali sono i più longevi d’Europa. Hanno resistito praticamente a tutte le catastrofi (generate e non dall’uomo) dal Medioevo a oggi. Occorre un grande sforzo per capire l’intelligenza delle piante. Bisogna togliere dalla nostra mente soprattutto l’arroganza e capire che la vita delle piante si svolge in una dimensione del tempo molto più lenta.
Noi tutti tendiamo a concepire l’intelligenza come il modo in cui noi esseri umani riusciamo a risolvere nel migliore dei modi alcuni problemi: il nutrimento, la sopravvivenza, o il superamento di alcune minacce date dai nostri nemici. Oggi non si fa altro che parlare del virus letale e dello sforzo immane di restare a casa. E se fosse successo a un bosco? Se un agente patogeno avesse toccato il mondo vegetale? Le piante dove sarebbero dovute andare a rifugiarsi per difendersi?
“In generale, le piante distribuiscono sull’intero corpo le funzioni che gli animali concentrano in organi specifici. Decentrare è la parola d’ordine. Negli anni abbiamo scoperto che le piante respirano con tutto il corpo, vedono con tutto il corpo, sentono con tutto il corpo, calcolano con tutto il corpo e così via. Distribuire ogni funzione quanto più possibile è il solo modo per sopravvivere alla predazione, e le piante hanno saputo farlo così bene da sopportare senza problemi asportazioni di gran parte del corpo senza perdere funzionalità. Il modello vegetale non prevede cervello, che svolge il ruolo di comando centrale, né organi singoli o doppi alle sue dipendenze. In un certo senso la sua organizzazione è il segno stesso della sua modernità: gli alberi hanno un’architettura modulare, cooperativa, distribuita e senza centri di comando, in grado di sopportare alla perfezione predazioni catastrofiche e ripetute”.
(Stefano Mancuso) tratto dal libro “PLANT REVOLUTION”
Le piante fanno tutto questo come gli esseri animali\animati ma semplicemente lo fanno in un altro modo, e la cosa più bella e interessante di tutto quello che sto scrivendo e cercando di dirvi è che lo fanno in un modo migliore del nostro.
Impariamo a guardarle con un occhio differente.